Bambino

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Photo by Annie Spratt on Unsplash

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10 Aprile 2021

Com’era aduso, quel sabato mattina uscì di casa alle nove quasi in punto. Amava la natura quieta della routine, così come quella pacifica della puntualità, eppure piegarsi per non spezzarsi gli era sempre parso saggio.

Il benessere si acquisiva prestando attenzione a dettagli ai più insignificanti. Quel “quasi” non lo notava nessuno, infatti, a parte lui. E, trattandosi della propria serenità, aveva importanza.

Il dettaglio fu insufficiente, però: non era sereno.

Camminò di buon passo sino al maneggio, che attraversò sorridendo volenteroso agli sconosciuti che incontrò. Ahilui, la volontà spesso non bastava, specie se si recitava una parte.

Si rilassò soltanto quando raggiunse il bosco. Eppure lì, nascosta in profondità, se ne stava rannicchiata la sua inquietudine. «Oh, insomma! Cosa c’è?» le chiese a voce alta, ma quella s’intimidì.

Il vento che spettinava le fronde le venne in aiuto e sussurrò: “Ti sei dimenticato di chi sei.

Si fermò al centro del tratturo. Gettò il capo all’indietro e scrutò tra i rami con un cipiglio d’incomprensione. Vivaci, quelli lo distrassero giocando col cielo, creando forme e scorci mutevoli. Quasi che le correnti lo trasportassero, lui scorgeva una forma qui, un’altra là…

“Ascendi”, provò a coglierlo di sorpresa il vento.

E lui, che s’era vestito di correnti, in parte si fece abbindolare e mormorò: «Non posso…» Con uno scatto stizzito la mente riprese il sopravvento, ché il vento non poteva né udirlo, né tanto meno parlargli.

Allora il sussurro tornò alla carica, felice di smentirlo: “Ti sei dimenticato di chi sei”.

Irrequieto, riprese ad avanzare con la cieca determinazione di chi non sa rispondersi. Chi era? Uno scrittore, ma… Cosa significava essere uno scrittore? Scrivo, cos’altro! s’innervosì. Tuttavia semplificare era banalizzare: lui raccontava e nel contempo ambiva al bello.

Importavano la storia e il bello. L’una precisa, l’altro indefinibile. Sì, quella era una buona risposta.

Non sei uno scrittore.” Vento impietoso.

Il ritmo dei passi aumentò. Tormentato dall’incapacità di domare quell’irrequietezza, finì per spossarsi e il pensiero si liberò.

Sei un uomo. Un tempo sicuro, oggi era un cinquantenne che si reinventava giorno dopo giorno, impercettibilmente claudicante, con un dolore che soltanto lui provava all’andare. Faceva lo stesso: l’ondeggiare non gli impediva di scrutare l’orizzonte con sguardo saldo.

Ritrovarsi gli era costato più di quanto amasse ammettere. Ora non sarebbe stato il vento a convincerlo del contrario. «E il vento non parla.»

Fuochino”, gli giunse il sussurro.

Attraversò il bosco tagliando la cortina di silenzio che gli scivolava addosso come un velo. Poi raggiunse la cima e osservò la valle. Digradando, le colline si tuffavano in un mare di nebbia sfilacciata simile a una coperta troppo corta.

Sorrise. L’aria frizzante della novella primavera e il suo profumo gli ricordarono i momenti più felici e spensierati della sua vita. Di quando era un bambino.

Ricordava e quelle sensazioni gli donavano la stessa prospettiva sul mondo. Ora come allora il presente si srotolava di fronte ai suoi occhi come una prateria sconfinata.

“Ora sai chi sei.” Un refolo gli scompigliò i capelli. “Non dimenticarlo un’altra volta.”

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