Conta soltanto il passaparola

Se le storie non cominciano a diffondersi con una timida, fiacca spintarella, allora significa che non sono “abbastanza buone” da camminare con le proprie gambe.

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9 Maggio 2023

P er me l’unico, vero modo di diffondere i propri romanzi è il passaparola.

Fine del post, se volete. Se invece avete voglia di leggermi un po’ ancora, approfondisco.

Considero che per uno scrittore l’eccellenza sia un profilo basso, contenuto.

Il primo, importante motivo è che così agendo prendi le misure al tuo ego, all’eventuale insorgere del Narciso che c’è in te e, quindi, voli alla tua reale altezza, senza pensare d’essere un’aquila, quando sei un passerotto piccino e mezzo spennato.

Limitandoti, sei.

Non l’ho mai detto con chiarezza, allora lo dico adesso: ho letto parecchio di marketing durante i miei anni d’assenza. Sul serio: TANTO. So esattamente come dovrei muovermi nel 2023 per farmi notare. Ho letto così tanto, infatti, che m’è venuta la nausea prima di cominciare.

“Davvero vuoi ritentare, Andrea?” mi chiedevo, perché tutte quelle letture non potevano essere un caso. Eppure, e anche quello non era un caso, non sapevo rispondermi.

Quando mi son riaffacciato sulla scena, ho iniziato con una mailing list sulla scrittura – che mi ha lasciato in dote un amico a cui tengo, anche se non ho ancora avuto il piacere di abbracciarlo dal vivo. (Hey, bro’!)

Stava funzionando. In meno di tre settimane mi leggevano già oltre duecento persone: ho tante cose da dire e so come dirle. Eppure mi son quasi subito guardato allo specchio e mi sono chiesto per l’ennesima volta: “Davvero, Andrea?”

“No.”

Questa volta avevo una risposta, perché avevo toccato con mano.

Finì lì. Conclusi ciò che dovevo concludere, salutai tutti e ricominciai a scrivere sul serio.

Sono uno scrittore. Ed è già piuttosto difficile scrivere solo e soltanto cose che siano il tuo massimo, senza aggiungere altra cartastraccia alla pila infinita che cresce e cresce, là fuori… È già tanto per mettersi a fare anche altro, in parallelo. Molto altro, se vuoi avere un qualche risultato “concreto”.

Non ho tempo di farlo, se voglio evitare di vomitare robaccia.

Qui e là ho letto cose del tipo: “Se un autore non trova il tempo di promuoversi, significa che non crede abbastanza in ciò che scrive”.

Puttanate.

(Per me, eh, non saltate sulla sedia.)

Le dinamiche di massa mi lasciano sempre perplesso: non sarà il contrario? Non sarà che non credi abbastanza in ciò che scrivi e per questo spingi, spingi e ancora spingi?

Forse no, ma tra le due la seconda è più probabile.

A mio avviso la questione è davvero semplice: se le mie storie non cominciano a diffondersi con una timida, fiacca spintarella – far sapere ogni tanto che esistono nei propri spazi online, ovvero il minimo sindacale – allora significa che non sono “abbastanza buone” da camminare con le proprie gambe.

È tutto.

Costa crederlo? Non è questione di considerarle “non buone abbastanza”, perché la qualità da sola non ti porta al successo. Forse fa paura la prospettiva di scoprire che non sono buone per la collettività? Che non gliene frega niente a nessuno di ciò che scrivi o, comunque, a troppo pochi? Che non hai scritto qualcosa che resterà?

Eh, già. Tutta quella fatica potrebbe non essere degna di alcuna attenzione, anche se la qualità è buona. Le tue storie potrebbero piacere soltanto a te e a tua mamma – e già alla tua dolce metà… lasciamo stare.

Ebbene, se sei arrivato fin qui, ti dico che ho smesso di credere che la scrittura sia riflettori e paillette, palcoscenici dai quali arringare folle con la tua saggezza, con quella statura intellettuale che pochi si possono permettere e sin troppi si attribuiscono. La scrittura mi sembra molto più un discorso intimo, un percorso interiore.

Forse il blocco dello scrittore – a cui io non credo, perché non l’ho mai vissuto – è proprio questo: quando lo scrittore guarda all’esterno e si perde.

Sai cos’è? Se a te sì, a me non fa alcuna paura percorrere il mio sentiero in totale solitudine, da cima a fondo. Ovvero fino alla fine dei miei giorni – perché quello è il fondo.

Datemi una rendita che mi permetta di scrivere per il resto della mia vita a tempo pieno e non necessito di alcun lettore accalappiato, convinto, trascinato con toni affabulatori, tecniche di marketing e sia dato fiato alle trombe!

Tutti quelli che arrivano da soli, invece, sono un dono.

C’è chi non è soddisfatto di avere trecento recensioni e aver venduto mille copie. Per me, invece, ogni volta che quel numerino cresce di “1” (meno di una volta al mese di media, per capirsi, da quando mi sono riaffacciato) per me è una piccola, grande sorpresa. È ogni volta una gioia. Ogni volta un dono.

Ogni singola volta vinco.

Sono tornato alle mie radici. Non faccio altro che fare quello che ho sempre fatto: scrivo ciò che voglio e come preferisco. Poi, quando sono sicuro d’aver dato il mio massimo, soltanto chi ha veramente voglia di leggermi mi legge.

A me sembra perfetto.

4 commenti su “Conta soltanto il passaparola”

  1. “Se un autore non trova il tempo di promuoversi, significa che non crede abbastanza in ciò che scrive”. La frase che hai riportato l’ho sentita molte volte, come ho sentito molte delle cose che hai detto di aver letto su come fare marketing. Forse sarà perché non sono un venditore, forse sarà perché essere visibili, social non fa per me o forse perché il mio tempo preferisco impiegarlo per scrivere, ma capisco quello che scrivi.

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    • Ciao Mirco. Scusa, mi son perso l’avviso del tuo commento.

      Affermare una cosa del genere non soltanto è fare di tutta l’erba un fascio, ma è proprio una scemenza. Uno scrittore scrive, è quello che fa. Anzitutto scrive. Poi pensa al resto. I tempi sono quello che sono e certe convinzioni non sono altro che figlie della deriva presa, francamente sempre più avvilente. Promuoversi conta, non c’è dubbio, ma non è che chi non lo fa non ha a cuore ciò che scrive.

      La prima domanda che mi verrebbe da porre a uno che afferma quella cosa sarebbe la seguente: “Quindi, secondo te, il senso della scrittura è venderla? Farsi leggere da più gente possibile? E non c’è davvero nulla che venga prima di queste cose? Che abbia un’importanza ancora maggiore?”

      Sui social io sono presente – be’, fondamentalmente solo su Facebook (il social dei vecchi) – ma ho smesso da tempo di dialogare di scrittura. Me ne sto nel mio profilo e non m’infilo in discussioni sterili e, assai spesso, immature e sterili.

      Buona giornata!

  2. Per quanto la promozione sia importante, mi sembra che negli ultimi anni ci si sia concentrati più sul presentare l’autore che l’opera. Una sorta di voglia di protagonismo che poco ha a che fare con lo scrivere.

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