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28 Settembre 2020
La mia produzione è rallentata un po’ in questi giorni. Mia moglie è in Galizia e io sono qui, tra lavoro, Blu, e il corso di Medium e le traduzioni allo spagnolo.
Eppoi m’è uscito dal cuore e dalle dita quell’articolo di oltre 4.000 parole, che negli ultimi due giorni ho tradotto allo spagnolo. È un esperimento: voglio vedere se traducendo dall’italiano il mio inglese migliora. Non ne sono affatto certo, ma forse qualche vantaggio c’è.
Vi avevo già provato, con risultati tutt’altro che gratificanti. Ma ora ho un nuovo modus operandi e le mie conoscenze e la mia tecnica in inglese sono migliori.
Sperimentando
Ho perso un paio di notti registrando video di me che leggo i brani che scrivo. Mi piaceva l’idea, ma mi rendo conto che perché faccia l’effetto che vorrei dovrei recitarli a memoria – o trovare una soluzione tecnica che aiuti la resa del video.
(Il mio modello è Daniel Habif: un grande! Sono un’altra cosa, io, ma grazie a lui ho capito cosa mi piace di quel tipo di comunicazione.)
Guardare in camera fa tutt’altro effetto e la lettura mi pare un po’ troppo statica per quello che mi propongo.
Sto valutando cosa fare. Ho due alternative:
* Scrivere articoli più corti e recitarli a memoria.
* Prepararmi i punti del discorso e parlare, niente più.
Vedremo. È un esperimento e vorrei provare a metterlo in atto.
Ricapitolando
A tratti mi dico che devo essere impazzito.
Non bastavano i miei romanzi in italiano e la saggistica in inglese. Ho aperto il mio sito allo spagnolo. E ora mi ritrovo a scrivere, tradurre… e registrare video?
Sul serio, Andrea? LOL.
Vabbè. Ma, insomma, siccome tutto quello che faccio mi piace, lo faccio. Chi mi ferma? Qual è il problema? Il focus? Non mi preoccupo e non mi fermo. Scrivere, comunicare, parlare… è il mio modo di stare al mondo.
Non riesco a essere così allegro e scarico a fine giornata se non scrivo e comunico più che posso. Il segreto del mio benessere mentale sta tutto lì.
Scrivere.
Per me scrivere è essere. Non so stare al mondo in altro modo.
Medium
Inaspettatamente, il corso è cominciato. I due Maestri hanno anticipato la prima lezione. E così siamo tutti tesi a creare il nostro profilo nel modo più efficace possibile.
Frattanto uno dei miei articoli è stato rigettato. Ho avuto un breve dialogo con l’editor: buono l’articolo, non sufficiente l’esecuzione. Il mio inglese deve migliorare.
Lo considero un feedback positivo, perché mi ha detto che ci sono veramente vicino.
Dialogando con i “compagni di corso”, per capire bene su cosa concentrarmi di più, sono riuscito a delineare cosa manca al mio inglese per raggiungere un livello accettabile.
La pubblicazione a cui l’ho mandato è una delle più grosse. Se l’editor mi dice che quasi ci sono, io sono contento! E caspita! Ho cominciato a scrivere in inglese a marzo, non è che posso pretendere di superare il novanta percento dei nativi quasi che fosse bersi un bicchier d’acqua.
Inoltre, ne sono certo, ce la farò. Resto calmo, m’impegno. Sono bravo con le lingue, ho orecchio. Non mi preoccupo. Studio.
Ho cominciato col colmare le lacune: “The Elements of Style”, di William Strunk Jr. e W.B.White, che poi è niente popo’ di meno che il manuale di scrittura – un libriccino, in realtà – consigliato a tutti i giornalisti del New York Times. È un classico. Imprescindibile.
Metto i puntini sulle “i”, insomma.
Quello che però mi manca non è tanto la conoscenza grammaticale – anche se sicuramente ho lacune, mi ripeto –, ma il flow. Il mio inglese è corretto, eppure a volte suona… scritto da uno straniero. Non è fluido. E chi sa scrivere, fluisce, altrimenti non è uno scrittore.
Di certo non va bene per pubblicazioni così grosse. Quelli sono professionisti, non un gruppetto di affezionati della scrittura che si dilettano su internet. La loro vita è la scrittura, si guadagnano il pano con quelle pubblicazioni.
(Ora forse capite perché sto provando a tradurre dall’italiano all’inglese: forse così funziono meglio, non lo so… Anche se mi diverte assai di più scrivere direttamente in inglese, perché il ritmo della lingua anglosassone è assai diverso e sento che così potrei, semplicemente, fallire. Non è un caso che si traduce verso la propria lingua e mai viceversa. I miei articoli non sono nemmeno Hemmingway, però, eh! Quindi spero di ottenere almeno qualche utile indicazione… Vedremo.)
Dopo il libriccino succitato, m’è stato consigliato “On Writing Well”, di William Zinnser, che in pratica è la continuazione del precedente. Dovrebbe essere quello che mi aprirà un po’ gli occhi su come fluire in inglese.
Ma, certo, non è affatto semplice. Mi manca un passo, ma quel passo è cosa che normalmente si colma quando si vive circondati da anglosassoni, parlando con loro ogni giorno.
Mi manca, cioè, quello che invece possiedo per quanto riguarda lo spagnolo, avendolo al mio fianco da 13 anni e circondato ormai da 10 da spagnoli – anche se i catalani ti parlano in catalano. Vabbè.
Complicato? Sì. Impossibile? No.
Quando cominciai a leggere Medium con assiduità, a gennaio di quest’anno, la possibilità di far parte della piattaforma e scrivere in inglese mi sembrava così remota. E invece eccomi qui, scrivo addirittura narrativa, ogni tanto.
Chi l’avrebbe mai detto?
Chi me lo fa fare di fare tutta questa faticaccia?
Be’, vi rispondo con semplicità: la restante parte di skills li ho già, più forti di tanti altri. Scrivere articoli coinvolge capacità narrative, capacità di strutturare brani più o meno lunghi, capacità creative e tante altre cose che io non devo imparare: funzionano in italiano come in inglese o in spagnolo. Se ci sono, ci sono. È tutta tecnica ed esperienza ed estro che possiedo. È per questo che l’editore mi dice che il pezzo c’è, ma non l’inglese.
Mi ha anche detto di mandargli altri brani, che piaccio alla redazione.
Verrò rigettato altre decine di volte, ma chi la dura la vince.
A me manca quel poco per suonare inglese durante l’intero brano, mentre ora mi scappa qualche frase che ha il sapore dell’emmenthal sugli spaghetti al ragù. Forse avrei dovuto dire della mozzarella sull’hamburger.
Il premio per tutto il lavoro che m’aspetta? Avrò di fronte milioni di lettori che con l’italiano non ho.
Sì?