Facebook Blank Black Page

Il momento perfetto per abbandonare i social netowork e riprendere il viaggio interioreD0a

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14 Maggio 2021

Oggi Facebook è apparso su Safari come una pagina nera e vuota. Sorpreso, più che corrucciato, ho controllato sullo smartphone: il mio account c’era ancora. Ma sul mio Mac niente. Nero come la pece.

Allora ho pensato: “E se fosse l’inizio della fine di questa robaccia?” M’è venuto in mente quel post di Jared E. Brock – mente, più che scrittore, che amo molto: “Facebook Is Dead”.

Per me Facebook era già uno zombie – un morto risorto – e da oggi lo seppellisco un’altra volta.

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Chi mi conosce sa che non amo affatto i social network. Fino a pochi mesi fa li usavo “da fuori”: condividevo, senza accedervi. Ciò nonostante abbisogniamo (quasi) tutti di una certa dose di socialità online, specie vista la situazione.

Per me sono sempre stati uno strumento per sapere come stanno gli amici. La globalizzazione ci ha sparpagliati ai quattro venti per le più disparate ragioni – chi ha amici ricercatori sa di cosa parlo.

Stamani era il momento di chiedermi se non fosse una scusa anche questa: sapere come stanno gli amici. Non hai un altro modo per saperlo? Lo schermo nero mi fissava e io ho avvertito una sorta di sollievo. Esatto, come se avessi un compito e scoprissi d’averlo già completato.

Sì, è una scusa, mi son detto. Sei stato tanti anni senza regalare la tua esperienza di vita a Zuckerberg. È semplice: saluta.

Detto, fatto.

Ciao ciao, Facebook!

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Nella vita è bene seguire ciò che si sente. Ci sono dei momenti in cui diventa imperativo. Se una semplice pagina nera ti comunica che sei fortunato a vederla, ti fa provare sollievo, significa che l’alternativa ti sta facendo del male.

A volte è semplicissimo. Senti che non va bene e prendi la decisione. Nessun ripensamento, nessun “ma” o “se”. Solo tu e te stesso. Punto e a capo.

Sentirsi è saggio.

Oggigiorno c’è questa forsennata corsa a farsi notare, perché hai la sensazione che non sei nessuno, se non vieni visto. Nessuno ne è immune.

Figuratevi uno come me, che scrive da trent’anni senza risultati tangibili che gli permettano di abbandonare la scatola che lo opprime dalle 9 alle 5 per sentirsi libero – sapete di cosa parlo molto bene. Eppure non ho mai sgomitato, perché non mi sembra il modo corretto di farsi strada.

Aiuta che son sempre stato uno spirito ribelle, immagino. Anche qui, su questa piattaforma, non riesco a seguire i trend, i trucchi, i consigli dei guru, che insegnano quali siano le migliori strategie per farsi notare.

Propormi alle pubblicazioni per far circolare il mio nome? Fatto. Scrivere secondo i più diffusi canoni? Fatto. Studiare il titolo, il sottotitolo, la prima frase, l’incipit, la formattazione del testo, la chiusura… Possiamo riassumere con “tutto”? Ecco, grazie. Fatto anche quello, ripetutamente. Ho anche frequentato il corso di Todd Brison e Tim Denning. Fatto tutto per buona parte del 2020.

Eppure no, mi spiace: mi sta tutto stretto.

Non sto dicendo che quelle cose non vadano bene. Non mi permetto. Non vanno bene a me. Sono abituato ad ascoltare tutti, ma poi faccio di testa mia. Arrivederci e grazie.

Così andando, lungo il cammino ci sono sempre dei momenti in cui è bene correggere la propria rotta. Anche chi come me conosce bene la propria direzione necessita di aggiustamenti. È impossibile procedere in linea retta fino alla meta con tutti gli ostacoli che dobbiamo superare.

Il viaggio è sempre più complicato di quanto ti appaia prima d’incamminarti e più semplice di quanto percepisci ogni volta che un ostacolo ti sbarra il cammino.

Prendere una decisione è sempre complicato e semplice allo stesso tempo. È la vita che è così.

Per me oggi è venuto il momento di fare un passo indietro e tornare a rispettare e vivere lo scrittore che sono. Preferisco usare il mio tempo per parlarvi da questa piattaforma che mettere like ai meme degli amici su Facebook.

Sono a otto capitoli dalla fine della prima e seconda stesura del mio prossimo romanzo. L’ultimo sta facendo il giro degli editori italiani da un mese: cerca casa. Insomma, dopo quindici anni mi riaffaccio sulla scena e necessito di interiorizzare e ascoltarmi.

Se non si vagliano con attenzione le reazioni che il vissuto provoca in noi, si comunica in modo confuso. Quando si tratta di uno scrittore, la cosa appare soltanto più evidente – e più grave. Ma siamo tutti fatti così.

Abbisogniamo tutti di filtrare e riflettere ciò che ascoltiamo, leggiamo e vediamo. L’esperienza quotidiana è troppo ricca per essere metabolizzata ingurgitando tonnellate di byte fino al momento in cui spegniamo la luce e chiudiamo gli occhi.

È così che ho deciso di ridare l’esclusiva al mio viaggio interiore.

A voi auguro felice pagina nera di Facebook e buon viaggio!

 

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