L’Editrice Nord mi contattò per posta non molto tempo dopo aver spedito il mio primo, intero manoscritto. Gianfranco Viviani muoveva un appunto fondamentale alla storia della mia trilogia: poca azione. Voleva dei chiarimenti “prima di rifiutarlo definitivamente”, ammettendo d’aver soltanto “sfogliato” il plico mandato. Per questo motivo mi chiedeva un riassunto dell’intera trilogia.
Mezzo eccitato e mezzo abbattuto – l’Editrice Nord era la mia casa editrice preferita, con le cui letture ero cresciuto! – mi misi al PC e cominciai a lavorare, deciso a non darmi per (quasi) vinto. Avevo già redatto documenti di vario tipo per coadiuvare la scrittura: schemi, riassunti, sinossi, cronologie… Finii per produrre un “riassunto schematico”, come lo chiamai, che rimarcava graficamente l’azione presente. Usando la sottolineatura singola, la doppia, la tratteggiata, eccetera, evidenziai il testo di modo che fosse visibile a colpo d’occhio sia la quantità d’azione che il tipo d’azione, lasciando privi di sottolineatura i passaggi che, invece, erano più statici e riflessivi.
Preprato il tutto, gli scrissi una lunga lettera in risposta con la tipica fermezza e sicurezza del tempo. A un certo punto dicevo testualmente: “L’azione è soltanto guerra, combattimenti all’arma bianca o magica, duelli, ecc… oppure è, ad esempio, anche azione magica non forzatamente volta allo scontro tra due contendenti? Non credo di essere d’accordo sul relegare l’azione al semplice “scontro”, anche se parlando in senso lato.” […] “Se mi si chiede una fantasy semplice, allora sono certamente la persona meno adatta. Non amo la semplicità, poiché tende pericolosamente alla banalità.” […] E dopo una lunga digressione su parti precise della trilogia, concludevo così: “Se mi si chiede soltanto azione, allora mi si boccia: non è la strada che seguo”.
La mia risposta è datata 21 luglio (2001). Quella con l’invio del contratto da parte di Gianfranco Viviani è datata 11 settembre. Gianfranco Viviani mi scrisse: “Dopo aver letto quanto mi ha spedito, ho deciso che la sua trilogia ha le caratteristiche per essere pubblicata”. E altre cose specifiche sul lavoro di editing che c’era da fare (su cui eravamo entrambi d’accordo, perché il primo libro della trilogia necessitava di parecchi fendenti di machete e di molto balsamo: c’era da tagliare e da fluidificare senza pietà. Era il primo romanzo che avessi mai scritto ed era sensibilmente peggiore del secondo e ancor più distante dalla qualità del terzo). In proposito mi scrisse: “Queste sono le uniche richieste vincolanti per la pubblicazione e la prego di firmare il contratto allegato solo se è disposto ad accettarle”.
Ho sempre amato il modo schietto e diretto di Gianfranco Viviani. Non era un editore qualsiasi (venne anche fatto Gran Master a Fiuggi e un po’ la cerimonia mi commosse). E comunque gli sarò sempre grato, perché fu lui a portare in Italia autori come Ursula Le Guin, Roger Zelazny, Michael Moorcock, Jack Vance e molti altri (basta leggersi la lista di titoli della Fantacollana dell’Editrice Nord, di cui i miei romanzi sono i numeri 178, 181, 189 e 200; prima di me sono venuti grandissimi scrittori). Su quegli autori mi sono formato e mai avrei pensato di far parte della stessa, gloriosa collana di narrativa.
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Perché scendere così in dettaglio sui miei inizi? Non per egocentrismo e nemmeno perché comincio a invecchiare e a ricordare con nostalgia i pochi “successi”. Invero vorrei dimostrarvi alcune cose.
Scusate la ripetitività considerando l’email precedente, però vorrei riassumere tre cose tre fondamentali, da tenere sempre a mente. Dopo avervi raccontato la mia esperienza da esordiente come esempio concreto, spero i concetti si fissino nella vostra mente per sempre. Ci tengo.
Uno: svendersi non paga. Dovete essere sicuri del lavoro che avete svolto, se vi siete impegnati a fondo. Non lasciate che il primo editore che vi critica smonti la vostra sicurezza. Rispondete con cognizione di causa, se vi vengono mossi degli appunti. Il dialogo epistolare di cui sopra avvenne dopo nove anni di scrittura e molte revisioni. Nove anni in cui imparai a scrivere e non ero ancora maturo, ma avevo compiuto molto. Se c’è tanto lavoro alle spalle di un testo, chi è esperto lo percepisce. Allora non ne avevo la più pallida idea, ma propugnavo la mia causa con fermezza perché l’avevo cullata con amore e dedizione.
Gli editori sanno qual è il lavoro che li aspetta e necessitano di scrittori pronti ad affrontarlo.
Due: siate precisi ma gentili, aperti alle critiche ma sicuri del vostro valore. Se alcuni degli appunti toccano tasti dolenti, di cui siete consapevoli, ammettetelo e siate pronti a lavorare duro. Se invece si svilisce il valore del vostro testo, spiegate con cortesia il perché non siete d’accordo. Fate attenzione a non confondere l’orgoglio con la ragione: se vi rivolgete a dei professionisti (bisognerebbe scrivere una digressione a parte su come giungere alla lista di editori da contattare), le risposte saranno professionali. E i professionisti badano al risultato finale, non fanno sconti. Non vi coccolano fino a quando non ne avete più alcun bisogno (avete avuto successo).
Non piccatevi, è sciocco. Loro vogliono il meglio e questo vi garantisce che aiuteranno le vostre qualità a emergere.
(Parlo sempre ed esclusivamente delle case editrici serie e per “serio” non intendo quelle che hanno nomea. A volte dietro l’etichetta si nascondono personaggi che definire poco professionali è eufemistico.)
Tre: non accettate un editing strutturale. A un certo punto della lettera scrivo: “Se relativamente al linguaggio migliore da utilizzare sono ricettivo ed umile” (usavo ancora la “d” eufonica, noto) “relativamente alla trama non oserei toccare una virgola”. Schietto Viviani, schietto io. Ero fermo e sicuro di ciò che andava bene e di ciò che, invece, andava migliorato.
Tre giorni dopo aver rispedito il contratto firmato, la mia copia tornò indietro con la firma di Gianfranco Viviani. Era l’inizio.
Se mantenete la barra a dritta e così facendo non vi pubblicano, credetemi, l’avete scampata bella. Vi sarete risparmiati frustrazioni, arrabbiature e sicure, evitabili umiliazioni.
Il mondo editoriale non è esente da buoni a nulla. Chi non accetta un dialogo come quello che ebbi con Gianfranco Viviani e si mette in cattedra è meglio perderlo che trovarlo (voglio dire, Viviani venne fatto Gran Master, non era il primo arrivato! Decenni di storia editoriale alle spalle e con autori di caratura mondiale. Eppure dialogò con lo sconosciuto Andrea D’Angelo…). Gli editori arroganti vanno schifati. Gli editor che s’impongono pure. Un buon editor suggerisce e spiega, non comanda. Dulcis in fundo, per chiudere il cerchio anche se va un po’ fuori tema, dato il romanzo alle stampe i lettori maleducati o ipercritici vanno ignorati.
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Quando firmerete un contratto comincerà il conto alla rovescia.
Esistono due possibilità: il piccolo editore e quello medio-grande. Mentre il piccolo lavora quasi sempre con tempi stretti e vi dirà che avete qualche mese per affrontare l’editing e produrre il testo definitivo, il medio-grande lavora di solito sui 18 mesi. Ovvero, firmato il contratto, l’uscita del vostro romanzo avverrà un anno e mezzo dopo all’incirca – già, è frustrante (la prima domanda che mi feci fu: non sarà che muoio prima? Ma, insomma, non si può vivere pensando di morire sul più bello).
Prendete i tempi con le pinze: è più o meno così, non è che questi numeri siano una legge immutabile. È un metro di paragone fra le due realtà. I piccoli editori di solito non hanno piani a medio termine, i grandi sì.
Una delle prime cose che vi dirà l’editore sarà quando prevede di pubblicare il vostro romanzo, dunque. In quell’esatto momento saprete di che morte morirete. Preparatevi a lavorare duro in prossimità della data d’uscita, specie se siete sotto contratto con un editore medio grande. Se non siete avvezzi a una revisione seria, portata avanti con abnegazione, potreste trovare la fase dell’editing pesante, difficile da affrontare e frustrarvi non poco. E potreste gestirla male.
Perché? L’editing al mio ultimo romanzo è durato poco più di un mese e rilessi e corressi l’intero testo 3 volte (450 pagine), dialogando anche sulle singole virgole (e discutendo su qualche punto controverso). Di giorno lavoravo, di notte scrivevo. Estenuante, credetemi, specie quando l’attività richiede lucidità e freschezza. Bisogna essere rapidi ed effettivi in tempi strettissimi. È complicato (per voi, non per i professionisti della casa editrice, che lo fanno di mestiere; vi aiuteranno, ma esiste una soglia sotto la quale non possono e non vogliono scendere).
Se tra i vostri obiettivi c’è la pubblicazione, allora fatevi furbi: preparatevi giorno dopo giorno lavorando duro ai vostri testi sin dall’inizio, perché tutta quell’esperienza si trasformerà nella vostra forza quando cercherete di emergere dall’enorme massa di aspiranti. Saprete sostenere le vostre ragioni, saprete lavorare al vostro manoscritto una volta sotto contratto (la vera sfida sarà il secondo romanzo). Chi parla di “fortuna” ha ragione in minima parte. Anzitutto la fortuna bisogna cercarla per incontrarla e non è sufficiente, quando si tratta con i professionisti della parola. La fortuna aiuta, ma non firmerete mai un contratto editriale per pura fortuna. Credetemi.
Come si dice in inglese, to be continued…