Il senso della scrittura

Donarsi il tempo della comprensione per scegliere con cura la propria direzione.

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31 Agosto 2023

N on tutta la narrativa è uguale.

C’è quella di puro intrattenimento, con una sua dignità, un passo svelto, e che in definitiva è la base di qualsiasi racconto: un testo non ha valore, se non riesce a prendere per mano il lettore e lo guida fino a destinazione.

Poi c’è quella che s’interroga e scaturisce da un’intenzione letteraria, ovvero da un moto profondo, sentito e perciò indomabile, che spinge l’autore a sondare e sondarsi, a riflettere passo dopo passo, perché sa che il primo a cui il viaggio donerà risposte è lui, lo scrittore.

Il valore letterario di un’opera è dato, oltreché dal come, dal cosa. E il cosa è diretta conseguenza dell’intenzione iniziale.

Chiunque si serva del racconto per comprendere, e non soltanto per svagarsi, scopre prima o poi che i significati di un testo sono perlomeno tre: quello iniziale, quello finale e quello in retrospettiva.

Si parte da un’intenzione iniziale, perché si percepisce che il proprio scritto ha una finalità precisa. Insomma, si vive in prima persona la forza delle proprie ragioni, che sono scintilla primigenia.

Bene, ma a a fine viaggio mai nessuno è la stessa persona che un giorno partì. Il significato cambia, è una massa informe che assume via via una forma più precisa, quasi che fosse un’immagine sgranata che, raccontando, chi scrive – e quindi chi legge – poco a poco riesce a mettere a fuoco.

A fine viaggio il significato è una cosa altra, accresciuta, di gran lunga più significativa rispetto a come appariva dapprincipio. È la ricompensa per la dedizione e il coraggio necessari a non demordere e riuscire. A modo suo l’autore lo sapeva; sospettava l’importanza di quel significato e non a caso decise che il viaggio dov’essere essere quello e non un altro.

Siamo tutti costantemente a tu per tu con un crocicchio. Ciò che la vita ci chiede è di essere saggi e scegliere la direzione più urgente. Rimandare, girare la testa dall’altra parte, non è mai conveniente. Affrontare ciò che richiede la nostra immediata attenzione è l’essenza dell’intenzione letteraria. Così, e soltanto così, scriveremo parole potenti.

Eppure, nel contempo, la vita insegna che nulla è immutabile. Ovvero tutto muta. Continuamente. E anche i significati ottenuti viaggiando, se osservati col distacco che il tempo ci dona, appaiono via via più minuti, poiché sempre più distanti. Sappiamo che quelle erano verità non soltanto soggettive, ma ancorate a un presente che ormai è passato – non a caso erano urgenti. Erano, cioè, verità in divenire.

Tutto inutile, quindi? Nient’affatto. Non accumulare è cruciale.

Il senso della scrittura – e della lettura – non è dato dalle mete raggiunte, che sono soltanto tappe di un viaggio di sola andata. Il senso è che grazie a essa si fa un po’ d’ordine, setacciando le sabbie accumulate fin lì in cerca di pepite di verità; ci si concentra su ciò che conta e si comprende quanto è bene scartare.

Tutti noi assorbiamo più di quanto possiamo trattenere e non è sufficiente il sonno a liberarci della zavorra mentale e finalmente esprimere il nostro potenziale. Così, raccontando a noi stessi prima e agli altri poi, chiariamo il presente e ci prepariamo al futuro prossimo, che abbisogna di spazio o finiremmo col gonfiarci, creparci e infine romperci e collassare.

Il senso dei racconti che racchiudono in sé un’intenzione letteraria è donarsi il tempo della comprensione e, così agendo, concedersi il lusso di scegliere con cura la propria direzione.

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