La tua evoluzione e la tua arte sono strettamente collegate

La consapevolezza di sé nell’arte garantisce una crescita personale

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8 Giugno 2021

“Il processo della tua seconda stesura serve a far sembrare che sapevi cosa stavi facendo fin dall’inizio.”—Neil Gaiman

Con queste parole Neil Gaiman comincia la presentazione del suo corso all’interno della piattaforma Masterclass.

Anni fa non avrei capito di cosa parla il grande scrittore britannico. Avevo pubblicato quattro romanzi con un’ottima case editrice, eppure non scrivevo seconde stesure.

Il mio processo era chiaro: pianificavo, scrivevo la prima stesura e passavo direttamente alla revisione. In aggiunta non riscrivevo mai. La sola idea di gettare uno scritto per riprovarci daccapo, anziché rimaneggiarlo, mi faceva orrore. Se tagliavo, tagliavo per sempre. Eliminavo.

Per me la definizione “seconda stesura” aveva lo stesso significato di “riscrittura”. Le due cose erano perciò strettamente collegate e si annullavano a vicenda.

Oggi, invece, la vedo esattamente come Neil Gaiman.

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In quindici anni sono cambiato.

Ho lasciato il mio Paese – l’Italia –, ho imparato una terza lingua, mi sono sposato e sono diventato padre. La rigidità che un tempo dominava il mio modo di stare al mondo è in buona parte svanita per forza di cose.

La diretta conseguenza dell’acquisita, maggior elasticità mentale è che sono diventato uno scrittore assai più duttile. L’arte evolve assieme all’artista, infatti.

Ad esempio, ho compreso perché divenni così inconcludente nel tempo. Oggi sono consapevole che per progredire devo chiudere i cerchi che ho lasciato aperti, di scrittura parlando.

È un concetto che si legge spesso, perché di puro buonsenso: finisci ciò che cominci. Insomma, non ci vedo nulla di così illuminante. È semplicemente saggio.

Il fatto è che lasciarsi alle spalle troppi progetti incompiuti cresce (in me) la sensazione di non saper gestire il proprio tempo o, peggio ancora, di non essere all’altezza delle proprie ambizioni.

Così, quando ho timidamente ripreso a scrivere nel 2018, forte di questa nuova consapevolezza, ho deciso di riprendere e portare a compimento due vecchi, ma importantissimi progetti.

Il primo è il mio romanzo più ambizioso, che ho ultimato e già spedito agli editori italiani. Il secondo, invece, è un grosso romanzo di genere che abbandonai a metà prima stesura.

Insomma, ho compreso e metabolizzato qualcosa che un tempo invece mi affliggeva. Sono cambiato ed è cambiato con me il mio approccio.

A volte, però, seguire con coerenza la propria evoluzione non è così semplice. Ci sono aspetti più sottili della propria arte che si fanno fatica a scorgere.

Così è stato per me e il concetto che esprime Neil Gaiman, con cui oggi concordo. Nell’affrontare per la prima volta in molti anni la stesura di nuovo testo – poco importa se a partire da metà romanzo – ho scoperto che cos’è la seconda stesura per me.

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Essere aperti non significa scoprirsi, ma accettare le scoperte

Invero nel 2018 iniziai con grande fatica. Ero indeciso e non sapevo di cosa occuparmi. C’erano così tante cose da fare! Perseverando, però, accelerai e oggi sento di poter dire che sono tornato.

“Sono tornato” è però un modo di dire ingannevole. Può sembrare io stia affermando di essere quello di quindici anni fa. Invece no: sono un altro scrittore.

È la mia prolificità che è tornata quella d’un tempo. Ho revisionato un romanzo di duecentoquattromila parole in tre mesi e l’ho spedito agli editori: primo cerchio chiuso. Ora sono a tu per tu col secondo progetto e ho già scritto ottantamila parole di nuovo testo.

Sono solo numeri, ma sono quantità sufficiente per capire quanto io sia cambiato. Insomma, non dico di essere un altro scrittore dopo aver scritto dieci paginette. Ne ho riviste oltre settecento e scritte ex novo oltre duecentocinquanta.

Morale? Non scrivo più una prima stesura e passo alla revisione. Scrivo una prima e una seconda stesura. Soltanto poi considero il testo pronto per la revisione.

È una cosa nuova, ma “seconda stesura” è davvero l’unica definizione che mi sovviene.

Alcuni giorni fa ho rivisto la presentazione di Neil Gaiman e la sua frase iniziale mi ha colpito. Non era la prima volta che la vedevo: le cose si notano quando si è pronti a notarle. O, in alternativa, certe cose emergono dopo che le hai già assorbite senza farci troppo caso.

Qualsiasi sia la verità, il mio processo di scrittura è cambiato e oggi ho consapevolezza di quello che dice lo scrittore britannico.

Sono uno scrittore molto più adattabile che in passato. Analizzarsi non è un vezzo. Essere coscienti dell’artista che si è non soltanto permette di affermarsi di fronte alle critiche, ma anche di mettersi in discussione quando è il momento.

Oggi io decido cosa scrivere prima di attaccare, non settimane prima, e mi lascio andare a briglie sciolte. La conseguenza è che la prima stesura è peggiore delle mie prime stesure d’un tempo. Da qui la seconda stesura.

La (mia) seconda stesura

Per me la seconda stesura è riprendere il testo scritto e farlo a pezzi; tagliuzzarlo, eliminarne parti intere, riscriverne altre, ampliarlo, aggiungervi dettaglio e precisione, donargli perfino una direzione e un senso. Arrivare, cioè, a quello che io chiamo equilibrio.

Senza la seconda stesura il mio raccontare sarebbe uno schifo inenarrabile. Ovvero dopo tanti anni mi ritrovo a far parte di chi mi diceva che la sua prima stesura era tremenda e doveva lavorarci molto.

Allora sorridevo, quando invece avrei dovuto ampliare i miei orizzonti narrativi. Ma un seme attecchisce in un terreno fertile, non ovunque cada.

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Non dare mai nulla per scontato

La mia fortuna è che sono sempre stato molto onesto con me stesso. Non la prendo sempre benissimo, quando qualcuno mi critica. Ma se sono io a giudicarmi, spesso vedo con chiarezza e sono aperto al cambiamento.

Come qualsiasi altra arte, la scrittura è un processo complesso, influenzato da molti fattori. Credere che ciò che si è appreso sia conoscenza immutabile significa ingannarsi. Pensare di aver consolidato un modus operandi è folle.

Non bisogna mai dare nulla per scontato ed essere pronti a cogliere il senso della propria evoluzione.

Oggi mi sento uno scrittore più capace. Ho aggiunto al mio processo una nuova fase che mi dà soddisfazioni ed esiste in armonia con le restanti. Questa flessibilità artistica è conseguenza di una maggiore flessibilità personale.

Ad esempio, se non avessi imparato a parlare e scherzare con mia figlia prima di bere il caffè del mattino, anziché soltanto ruggire come facevo un tempo, probabilmente sarei ancora prigioniero del mio malumore mattutino.

Se fossi rigido come un tempo, sarei ancora prigioniero del mio vecchio processo di scrittura. Di più, non scriverei in inglese su Medium, esponendomi al ridicolo per incapacità tecnica.

Avrei capito assai meno cose e la mia esistenza sarebbe più grigia e mesta, anziché questo cammino da cui mi attendo ancora molte sorprese.

La vita e la nostra evoluzione personale sono strettamente collegate alla nostra arte, qualunque essa sia. In un certo senso, l’arte è lo specchio di chi siamo.

 

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