L’intenzione conta eccome

Ieri ho scritto oltre cinquemila parole. È bastato cambiare l’atteggiamento interiore con cui guardavo alla scrittura e ai miei romanzi.

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5 Maggio 2024

N on più “belli, che peccato”. Ora sono “belli, anzi bellissimi!”.

Non ci voleva poi molto per riprendere il cammino con slancio, dopo le ultime settimane di stanca. Bastava togliersi dalla testa che probabilmente verranno letti da poche persone.

Invero non è proprio una banalità. Spiego.

La prima cosa è tornare al nucleo della questione: “Perché scrivi, Andrea?” E la risposta non poteva che essere chiara e netta, come lo è sempre stata per me: “Perché ho una grande storia da raccontare e voglio raccontarla.

Perfetto.

La seconda, invece, era tutt’altro che scontata. “E cosa facciamo con questi pochi lettori? Li consideriamo sì o no una gran bel gruppetto? L’idea che la Tristemente Famosa Decina sia il mio zoccolo duro fa a pugni con l’idea di “zoccolo duro” che ho avuto in mente per anni. Nel peggiore dei casi erano “quello sporco migliaio” – detto ovviamente con molto affetto.

No, Andrea. Sono una decina. Che si fa?

Eh”, mi son detto. “Si fa che la Tristemente Famosa Decina diventi la Luccicante Decina.

Shiny, shiny ten!

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Così è andata che ieri, dopo una bella camminata di un paio d’ore tra i boschi, io sia tornato a casa con la mente limpida e tutti i sentimenti e le emozioni seduti nel luogo assegnato loro.

La scrittura non ha fatto altro che fluire come ha sempre fatto nei periodi migliori. E conto di mantenere quest’atteggiamento per sempre – sognare non è un delitto.

Tutto ciò che andrà oltre la Luccicante Decina sarà un dono. Soprattutto sarà inaspettato, perché io sono lo Scrittore Divergente e vivo in una realtà parallela, quella in cui si muovono coloro i quali non hanno più pretese e ambiscono “solo e soltanto” a raccontare la propria storia nel modo migliore.

Ai posteri l’ardua sentenza.

Postilla

A latere: oh, oltre cinquemila parole in un giorno solo sono una tonnellata. Specie se penso al fatto che lì c’è la prima e, in pratica, pure la seconda stesura. Le ho pure rilette per bene, quelle scene, perché ultimamente l’idea di lasciarmi alle spalle una stesura disastrata m’infastidisce.

Pretendo, cioè, che la prima revisione attacchi subito un testo di una certa qualità. Il che comporta forzatamente e pesantemente riscrivere, cambiare, mozzare, aggiungere con un secondo passaggio: la prima stesura deve essere e restare libera da qualsivoglia vincolo.

Buona domenica. Io continuo a camminare…

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