Sono sempre stato affascinato dalla scrittura in quanto processo di introspezione e crescita personale. È un’attività così totalizzante che diventa spesso una filosofia di vita per lo scrittore. Eppure un approccio esclusivamente filosofico ed esistenziale alla materia è squilibrato.
E la scrittura, quella fatta di parole e sudore, dov’è finita?
Già.
Da oggi in poi avrà casa (anche) qui.
La cosa difficile è decidere da dove cominciare. Non mi va di partire dall’incipit: la scontatezza in scrittura è un’arma a doppio filo. Partirò in media res, dunque. Letteralmente. Il punto di partenza sarà la revisione del mezzo romanzo che scrissi nel 2006 e che sarebbe dovuto essere il seguito de La Rocca dei Silenzi, pubblicato nel 2005 dall’Editrice Nord – se le nostre strade, quella dell’editore e la mia, non si fossero separate. Ovvero partirò dal punto in cui sono come scrittore.
Sono trascorsi più di 13 anni da quando scrissi questi capitoli. Un lasso di tempo tale da impormi cambi significativi in buona parte del manoscritto. C’è molto da fare prima di ripartire e completare la prima stesura… È il progetto perfetto per parlarvi di scrittura in termini pratici.
Mi vedrete al lavoro, insomma. Vi parlerò dei problemi del mio testo – senza alcun ordine prestabilito – e di come penso di risolverli. Leggerete il risultato delle mie revisioni, ma vi parlerò anche dei perché di tali revisioni. Capirete come ragiona uno scrittore d’esperienza, cosa considera, cosa scarta senza pietà, quanto tempo dedica ai dettagli e quanto peso dà a ogni termine e virgola nonostante il testo ammonti a centinaia di pagine.
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Per permettervi di seguirmi e giudicare le mie scelte con cognizione di causa, non ho altra scelta che introdurvi al contesto.
Il romanzo su cui sto lavorando s’intitola “Il giorno dopo” (d’ora in avanti “IGD”). È un fantasy, in apparenza classico. (Avremo modo di parlare di quel “in apparenza”.) Ora, il genere può allontanare più d’uno, lo so. Ponetevi al di sopra di esso, dunque, non vi infastidirà: lo prometto. Anzi, proprio per ciò che implica scrivere fantastico, è il terreno adatto a parlare di quasi ogni aspetto della scrittura.
Ho già riletto e annotato il testo (rilettura integrale effettuata). Sono all’incirca 400 pagine, che costituiscono più o meno metà della storia da raccontare – il che mi porta a pensare che non scenderò sotto le 600 a testo finito e che probabilmente sforerò le 700. Terminata la rilettura, da un paio di settimane sto applicando le correzioni necessarie e le soluzioni o migliorie a cui ho pensato.
Cosa sto facendo, esattamente? Allineo una vecchissima prima stesura allo scrittore che sono oggi, sensibilmente migliore di quello del 2006. Ovvero affronto una revisione per preparare il testo alla revisione – quando completerò la prima stesura.
La vicenda viene narrata seguendo quattro fronti d’azione. “Fronte d’azione” è il nome che uso per indicare le sottotrame che popolano i miei romanzi. Ne IGD una di esse è dedicata agli Uomini, una agli Elfi e due ai Nani. Le due riguardanti i Nani sono collegate, tant’è che la seconda viene ingenerata dalla prima: è una biforcazione narrativa, come amo chiamarla. Quest’ultima sottotrama è il fronte d’azione da cui ho deciso di cominciare la revisione integrale.
I protagonisti sono 4 Nani, tre soldati (appartenenti alla Ronda, che è la guardia che pattuglia e rende sicure le caverne che la Nazione nanica popola) e una storica (una Annalista). I Nani sono rinchiusi da secoli tra le proprie montagne. Non conoscono più il mondo esterno, se non attraverso testi storici. Si sono isolati e non sanno più nemmeno il perché. Cos’è successo? E cosa c’è lì fuori? È quanto la piccola spedizione si ripromette di scoprire per poi tornare con la risposta e aiutare la Nazione (che nell’altro fronte d’azione è alle prese con una minaccia epocale).
Il seguente paragrafo descrive il momento in cui i quattro sbucano dalla caverne dei Monti Metallo e si affacciano sul mondo esterno.
“ I Nani uscirono dalla galleria come mostruose creature vomitate dal sottosuolo. Le lame delle loro armi luccicarono minacciose alla luce di un sole che avevano visto rare volte in vita loro. Subito i quattro si disposero a ventaglio, piantando gli stivali sul suolo roccioso, spalle alla parete del monte, che saliva ancora per centinaia di metri fino a nevi perenni. I volti coperti dalle maschere, fissarono ognuno nella propria direzione, pronti a morire combattendo. ”
Per una prima stesura questo paragrafo è un miracolo (avrò modo di mostrarvi esempi assai meno brillanti). L’unico cambio effettuato al testo originale è il seguente: ho trasformato “alla luce di un sole che non avevano mai visto” in “alla luce di un sole che avevano visto rare volte in vita loro”. Certo, la vecchia frase era più d’effetto e, soprattutto, aveva più ritmo. Tuttavia la mia nota recita testualmente: “Sbagliato. Non perderà di fascino, Andrea, tranquillo…” Uno scrittore si preoccupa per ogni minimo cambio.
Alle spalle del cambio c’è un problema di coerenza interna – che è La legge a cui ogni scrittore deve sottostare, a maggior ragione se scrive fantastico (ma sempre). Il problema mi porta a parlarvi dell’ambientazione de IGD e di world building (ideazione di un mondo).
Thèrmak (la Nazione nanica) possiede alcune valli interne, impossibili da raggiungere se non attraverso la Nazione stessa. Soltanto una ristretta minoranza ci vive, coltivando ciò che può coltivare e soprattutto badando alle proprie preziosissime mandrie. Tutti gli altri Nani le visitano rare volte in vita loro. Da qui l’errore nel testo originale e il cambio: i quattro protagonisti hanno già visto il sole, anche se pochissime volte.
Quest’aspetto dell’ambientazione è emerso in modo piuttosto timido durante la prima stesura. Il me scrittore d’allora si rese conto che in qualche modo doveva giustificare che i Nani sono sopravvissuti per secoli rinchiusi nelle loro caverne: se un popolo non mangia, si estingue. E cosa mangia, se vive all’interno di un complesso di caverne? Ma le valli interne sono soltanto una boutade nel testo che ho riletto, quando invece devono essere ideate bene e date come informazione chiara al lettore.
Uno degli obiettivi di questa revisione è applicare i cambi necessari al testo di modo che l’impianto sia solido. E questo punto costituiva un anello debole del contesto della Nazione nanica.
Tutto qui? No. Finora vi ho parlato soltanto dell’aspetto più evidente della questione. Come spesso accade, gli elementi di un romanzo sono soggetti a una specie di Batterfly Effect: si condizionano a vicenda e sono tutti interconnessi. Vediamo come in questo caso.
Un altro aspetto importante è racchiuso nella proposizione “I volti coperti dalle maschere”. I Nani vivono in una fitta penombra o nell’oscurità. Vedono al buio (e scorgono il calore che i corpi degli esseri viventi emanano). È normale, così come è normale conseguenza che non possano sopportare la luce del sole, così, da un giorno all’altro. Per sopportarla usano delle maschere, che sono le stesse di cui vengono dotati quando visitano le valli interne.
Le valli interne non soltanto mi permettono di far sopravvivere i Nani nell’isolamento per secoli, bensì anche di caratterizzarli e di rendere più interessante la loro uscita. Giustifico con due brevi proposizioni il loro sostentamento, ribadisco che vedono al buio e che devono proteggersi dalla luce del sole diretta. Allo stesso tempo trasmetto quanto il “mondo esterno” gli sia alieno. E quanto loro lo siano per il mondo esterno (“come mostruose creature vomitate dal sottosuolo”).
Eppure è soltanto un paragrafo, vero?
E ci sono ulteriori cose da dire.
“piantando gli stivali sul suolo roccioso” » Il verbo “piantare” è voluto. Comunica la loro fermezza sin dai primi passi. E tale fermezza sarà l’atteggiamento con cui affronteranno tutte le future difficoltà.
Sempre dell’atteggiamento parla “pronti a morire combattendo”: sono impavidi e fermi nel loro proposito.
O ancora, “Subito i quattro si disposero a ventaglio” e “fissarono ognuno nella propria direzione” comunicano entrambe che sono un gruppetto che agisce di comune accordo, all’unisono. Sono organizzati e sanno come difendersi.
Qual è il messaggio? Che nulla in un romanzo è scritto a caso. Non importa quanto lungo sia il testo, lo sforzo di sintesi e precisione applicato a un singolo paragrafo va applicato a tutto il resto. Solo così posso sperare di scrivere qualcosa che alla fine mi soddisfi e sia “buono”. E solo così non mi pesa chiedere soldi a qualcuno per leggere le mie fantasie.
Paragrafo dopo paragrafo fino alla meta.
Per questa settimana è tutto.
Spero l’idea di analizzare il lavoro che sto facendo sui miei testi vi piaccia. Ancora una volta e a maggior ragione, qualsiasi vostra domanda sarà benvenuta e spunto di ulteriore riflessione.