Perché mi definisco lo Scrittore Divergente?

Che presuntuoso, vero? A quanto pare.

Shot by Andrea D’Angelo – All Rights Reserved

· ★ ·

29 Agosto 2023

D opo aver sognato la gloria come molti in giovane età, a ventinove anni ho avuto la fortuna di “toccare con mano” quale tipo di gloria attende gli scrittori di genere in Italia: è come se l’avessi immersa nella pizza di sterco fresco di una vacca, quella mano.

Così, prese le misure alla questione (e lavata la mano), ho preso alcune decisioni strada facendo – e affrontato i miei demoni, faccia a faccia: non esistono soltanto le responsabilità altrui, anzi, sarebbe il caso di partire sempre dalle proprie. E l’ho fatto; eccome.

· ★ ·

Trenta punticini che tutti assieme giustificano la mia definizione.

  1. Ho lasciato il mondo editoriale da autore edito.
  2. Ho abbandonato tutti i forum a cui partecipavo.
  3. Ho fatto rimuovere la mia email dalla lista degli aventi diritto al voto del Premio Italia.
  4. Ho definito il fandom italiano per quello che è: una guerriglia tra bande di fanatici, spesso ignoranti. (Col tempo l’ignoranza è aumentata; generalizzo, che nessuno si senta colpevole – eventualmente responsabile.)
  5. A proposito del punto precedente: mi sono sempre dichiarato ignorante. Niente falsa modestia, nessuna strategia per ottenere complimenti (detesto i complimenti, amo le critiche positive). Lo dico perché lo sono: testatemi, converrete con me.
  6. Ho sempre detto che la mia scrittura è popolare. Fieramente.
  7. Ho sempre gioito per i successi altrui, anche se mi sta antipatica la persona che li ottiene. La Guerra tra Poveri fa stragi in qualsiasi schieramento e l’unica cosa che resta sono le pozze di sangue nei campi.
  8. Non ho mai partecipato a un corso di scrittura creativa (né letto un manuale; spilluzzicato, per capire di cosa si tratta).
  9. Quando mi hanno chiesto di tenerne uno, breve, al festival di Mantova, ho risposto di no – “Ma cosa volete che insegni, io?”
  10. Ho sempre dichiarato con precisione quante copie ho venduto, specie quando si trattava di flop commerciali. Perché così tanti fanno i misteriosi? Questa cosa m’ha sempre fatto ridere: è patetica.
  11. Ho smesso di scrivere per dieci anni, perché non avevo più nulla da dire.
  12. Ho spedito alle case editrici appropriate una proposta per sparire completamente come autore: la vanità è un cancro per chi scrive. Ero serissimo, perché detesto essere troppo visibile: la stessa proposta era anonima (mica scemo).
  13. Prevedevo che nessuno avrebbe risposto. L’ho fatto per togliermi dalla testa il tarlo di non averci provato: se qualcuno avesse accettato, mi sarei sorpreso di brutto.
 Nessuno rispose.
 (Anzi, immagino che ancora ridano di me, se l’argomento riaffiora come aneddoto. Mi fa piacere allietare le giornate al prossimo. Come diceva un mio collega, dimettendosi: “Con immutata stima”.)
  14. Quando ho ripreso a scrivere – perché, purtroppo, avevo di nuovo qualcosa da dire – ho deciso che sarei tornato come Indie.
  15. Coerentemente, ho valutato e rifiutato tutte le proposte editoriali pervenutemi (poche: chi è che vuole ‘sta rogna in casa? 😉 ).
  16. Ho sempre detto cosa penso dell’editoria, in pratica facendo terra bruciata all’intorno, fino ai patrii confini.
  17. A proposito del punto precedente: ogni tanto qualcuno ha messo un like a miei “post modello schiettezza” e dopo un po’ l’ha ritirato. Che impavidi! Ahahah… (Non vedo tutto, ma vedo molto più di quanto dica.)
  18. Non ho mai accettato editing indecenti, né i miei romanzi li hanno patiti.
  19. Non mi sono mai espresso con convenienti silenzi.
  20. Ho abbracciato con felicità il self-publishing: era un’esperienza nuova. Degradante? Tutto il self è merda? A cinquant’anni non si può star lì a mettere in dubbio chi si è perché qualcuno apre la bocca e le dà fiato.
  21. Gira e rigira, ho messo i prezzi più bassi possibile ai miei romanzi (contro il vostro stesso parere). Lo rifarei.
  22. Ho sempre sostenuto gli ebook – indovinate un po’ chi li ha sempre osteggiati, mentre il mondo va avanti?
  23. Ho sempre detto che il timore della pirateria, parlando di libri, è una cazzata.
  24. Quando ancora autore edito dall’Editrice Nord, infatti, ho cercato, scaricato e controllato meticolosamente che le copie in PDF piratate de “La Rocca dei Silenzi” fossero buone. Lo erano e ho mantenuto la barra a dritta: “Vanno benissimo! La cultura – se di cultura si tratta – deve circolare”. La Nord non mi ha mai detto nulla a proposito della mia dichiarazione pubblica: silenzio assenso? 😎
  25. Non ho mai seguito le mode, anzi qualcuno dice le abbia anticipate. (Allora attenti a cosa viene dopo il grimdark: leggetevi “Il giorno dopo”. 😁 – È ovviamente una battuta, posso dimostrarlo. Come? Semplice: non lo potete più leggere! > Punto successivo.)
  26. Ho ritirato dal commercio tutti i miei romanzi (quelli pubblicati dalla Nord non posso, ma lo farei se potessi: i diritti sono miei): se non posso pubblicare tutto ciò che scrivo – perché gli eserciti d’imbecilli là fuori colpirebbero chi mi è più caro al mondo (colpissero solo me, chissene frega) – allora non ha più senso pubblicare alcunché. Insomma, dopo aver lavorato durissimo per cinque anni, in tre giorni ho deciso di chiudere anche col self-publishing. Quando ci vuole, ci vuole.
  27. Magari un giorno cambio idea. Se sì, li ripubblicherò. Non ho alcuna faccia da perdere; seguo soltanto me stesso, faccio quello che mi pare e piace. Non si è ancora capito?
  28. Ah, già: pure dico quello che mi pare. L’unico principio sacro è il tatto, ma si applica alle circostanze corrette, no a masse egocentriche e saputelle a cui la tua opinione e il tuo modo di stare al mondo come scrittore dà fastidio e ne ledi la maestà.
  29. Mentre praticamente tutti cercando d’espandersi come il prezzemolo, aggiungendo sempre più inquinamento virtuale alle proprie vite, io rimpiccolisco, mi restringo e torno all’ovile (invero, torno in cima alla montagna > 🐐): il mio sito web. In pratica mi condanno all’anonimato quasi assoluto, nel 2023. Capirai quanto perdo…
  30. Sopravviverò anche se nessuno mi leggerà più. Vi rivelo il mio segreto per sopportare questa spaventosa eventualità: ancora oggi al mondo c’è chi muore di fame. Ci dicevano che saremmo riusciti a debellarla, a questo punto, la fame. Già. E io dovevo essere un famoso scrittore di fantasy.
 Tra tutte le lacrime che si piangono, è lampante, quelle per i miei certi insuccessi sarebbero insignificanti. Condizionale d’obbligo: non piango io, non piangente voi.

Buona giornata. 🖤

· ★ ·

P.S.: ah, vero, mi sono anche definito démodé, come scrittore.
Sarà per un’altra volta. Già trenta punti mi sembrano tantini…

P.P.S.: ho trovato il modo per far sembrare elegante l’ormai eccessivo (😤) grigio-bianco del mio volto, che sembra voler confutare la mia somma giovinezza interiore. Per questo quell’accenno di sorriso, sornione. Be’, forse anche per i trenta punti: qualche soddisfazione me la sono tolta, strada facendo. Sì. Bravo, Andrea!

P.P.P.S: aggiornamento in data 26/11/2023. Ho deciso che pubblicherò “Imperfetto equilibrio”, ovvero il testo che mi ha spinto a ritirare tutti gli altri. Quando lo farò, e in modo pianificato oculatamente, renderò di nuovo disponibili gli altri – non credo tutti. Vedremo.

5 commenti su “Perché mi definisco lo Scrittore Divergente?”

    • Niente di speciale: sempre la solita gente piccola, che pensa di poter giudicare la persona e la psicanalizzano con la tipica certezza dei cretini.
      Il punto è: tutto come sempre, ma non darei mai in pasto “Imperfetto equilibrio” a questa gentaglia sconosciuta, perché è un romanzo troppo personale e colpirebbero non soltanto me, ma anche chi mi è più caro. Capito questo, allora mi son detto che non ha senso lasciar lì nulla. Non mi dà alcuna soddisfazione lasciare soltanto il fantasy: io non sono uno scrittore fantasy, sono uno scrittore. Tutto qui. (E, comunque, non ho più alcuna velleità: io scrivo per amore di scrittura e, in fondo, per lasciare qualcosa a mia figlia, di me, quando sarà grande. Le mie aspettative sono morte da tempo.)

    • Tante cose luccicano nel mondo della scrittura, non soltanto la “grandi” case editrici, ma di oro ce n’è davvero pochissimo. Non è certo un mondo adatto a qualcuno che è intollerante all’ipocrisia o, più semplicemente, è incapace di fare buon viso a cattivo gioco, là dove il gioco svilisce il senso della cosa che lui ama di più.

      Ormai l’editoria ragiona in termini di numeri: “Quest’anno si sono pubblicati tot libri in più rispetto all’anno scorso, quindi il settore è sano”. Ti pare? La stessa cosa con la quantità di copie vendute in totale, che non rispecchiano nemmeno lontanamente la quantità di copie effettivamente lette.

      Non so: la scrittura è una cosa che serve a cercare il senso delle cose, mentre il mondo che la promuove ormai ne è totalmente privo. Non rimpiango d’essermi lasciato tutto alle spalle, tanti anni fa.

  1. Ciò è molto triste. Non solo per il dover rinunciare a degli obiettivi che si erano prefissati, ma perché fa pensare che si colpisca sul personale chi cerca di trovare qualcosa d’interessante da dire mentre s’incensa e si compra l’opera di un generale italiano molto discutibile.

    Rispondi

Lascia un commento