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16 Settembre 2022
U na persona che “conosco” da poco su Facebook, ma che già stimo e apprezzo molto – e che perciò lascio anonima per rispetto –, ha scritto un post senza riferimenti precisi che riguarda la recensione che mi dà dell’analfabeta su Amazon. Notava come, scaricato l’estratto, le è apparso evidente quanto fasulla fosse.
L’avevo già commentato: non è credibile che qualcuno dica io non conosca la punteggiatura. Si tratta di un uomo piccolo e francamente triste, che diffama.
Ma non si firma – naturalmente, essendo piccolo e affermando il falso in modo facilmente dimostrabile. E così, dal post di questa persona e conseguente discussione ne stanno nascendo altri. Mi fanno riflettere molto e temo di non essere d’accordo con le “parti lese”.
Spiego.
Negli ormai lontanissimi primi anni 2000, quando pubblicavo con l’Editrice Nord, l’avevo detto chiaro e tondo: bisognava che Internet obbligasse a nome e cognome, altro che nickname, se si voleva in qualche modo limitare i confini della farsa dei commenti e delle recensioni; si era ancora in tempo. Oggi è troppo tardi.
Il punto, però, non è questo. Non si tratta di dare la caccia agli imbecilli, agli invidiosi e ai rancorosi. Son tutte categorie cui è meglio non dare attenzione, alimentandole, e mi pare ancor meno saggio intasare i tribunali di cause per diffamazione su Internet, che già così finiscono i processi in dieci anni.
Personalmente mi interrogo sempre e comunque per primo.
Non punto il dito, mi domando.
Cosa temete, se temete qualcosa?
Qual è il problema?
Lo so, questi imbecilli arrecano danno. Lo so bene: sono parte lesa da molto più tempo di quanto molti di voi sappiano e ho sofferto per la questione molto più di quanto fosse lecito – sono ipersensibile e dovevo maturare. Eppure considero che la prospettiva vada rovesciata.
Come mai?
Per gli scrittori la questione è semplice: siete davvero interessati ad avere lettori tanto superficiali da credere a una recensione simile? Che non vanno a controllare nel modo più banale e rapido che esista – l’estratto gratis, a tua disposizione in un minuto – se simili affermazioni siano fondate?
Non so i vostri romanzi, ma i miei persone così superficiali non li capiscono. È cosa certa.
Il piccolo uomo mi fa un favore: screma. Quindi me ne frego. Chiunque pensi la soluzione sia querelare temo non abbia compreso che non è possibile vincere la battaglia contro gli imbecilli, ma soprattutto che l’unica cosa che paga a questo mondo è la qualità di ciò che si fa – non sto dicendo che paga sempre e comunque e tanto… Ma che è ciò che dà risultati; il resto è ininfluente.
Non lo dico io. Lo dicono studi chiari. Persino le teorie contemporanee del marketing lo sanno: chi denigra la concorrenza – ad esempio – alla lunga ne esce peggio di chi non lo fa. È dimostrato. Perché? Perché le persone normali (se esiste la normalità) in genere preferiscono le persone per bene (qualsiasi valore diate al concetto, non corrisponderà mai al diffamare).
Le altre sono disturbate e io non sono uno psicanalista: sono uno scrittore.
Insomma, siete proprio sicuri che il problema siano quelli che vanno in giro a distruggere gli altri con parole sprezzanti e menzogne? Chiunque parli male degli altri è perché non si sta occupando di fare bene. Per me finisce lì.
È anche il motivo per cui non ho segnalato l’abuso su Amazon, pur se facilmente dimostrabile.
A me interessa solo e soltanto scrivere; e farlo nel miglior modo possibile.
Scrivo per amore di scrittura.
Tutti quelli che credono, io non conosca la punteggiatura; invece. …Ciao!
Più passa il tempo, più la rete diventa un posto dove scaricare rabbia e frustrazione: tu parli delle recensioni, ma sui social è anche peggio. Per questo me ne sto lontano da quei posti: non ho bisogno di tutta quella cattiveria.
Vabbè, ma sono due temi diversi. Qui si parlava esclusivamente delle recensioni ai romanzi su Amazon.
I social sono una bruttissima bestia, sì.
Sono due temi diversi, ma noto che spesso c’è la stessa cattiveria, la stessa voglia di distruggere l’altro, spesso gratuitamente. Ritengo che il tempo possa essere impiegato diversamente, per esempio cercando di fare le cose che interessano.
Sfondi una porta aperta…