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5 Settembre 2023
Eh, già. Compiuto il mio personale miracolo illustrativo, da assoluto principiante, mi si presentava la sfida di “ripeterlo”, in qualche modo. “Il giorno dopo” è un dittico e non potevo di certo avere una bella copertina e una brutta.
Cosa fare?
Fortunatamente non dovetti pensare molto al soggetto: ce l’avevo in mente da un po’. Come mio solito (ora lo so), la visione faceva parte della narrazione, in un certo senso. Giocavo col lettore a partire dalla cover, in modo istintivo, perché – e oggi lo posso dire – le due illustrazioni s’incastrano alla perfezione col testo, non sono soltanto attinenti, ma persino complementari, in un certo senso – non spiego di più.
Bello, tutto bello… nella mia mente. Farlo, però, era un altro paio di maniche.
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La mia idea d’illustrazione di un romanzo fantasy ha a che fare col “sense of wonder”: è un elemento imprescindibile. È anche il motivo per cui il singolo protagonista enorme in copertina, che tanto va di moda oggi, mi delude quasi sempre.
C’è modo di meravigliare e suggerire molto anche così. Di solito, però, diciamocelo, quei personaggi sono piatti e modaioli: tutti fighi, tutti con qualche dettaglio aggiunto che fa ancora più figo… Noia e piattezza commerciale. Mai qualcuno veramente brutto, che però trasmetta qualcosa di vero. Hanno quasi sempre la stessa, comoda, neutra espressione. Robetta commerciale patinata.
Il punto è: io no. Non metterei mai quella cosa, non così, in copertina a un mio romanzo (sto lavorando a un’idea, però… così forse, magari, un giorno riuscirò a dire come secondo me il personaggio in copertina andrebbe trattato: opinione personale, per carità, ma so esattamente cos’ho in mente – vedremo se sarò capace di disegnarlo).
Comunque “Il giorno dopo” ha più di una decina di protagonisti assoluti. Che si fa? Li metto tutti in copertina? E, se no, quali scarto? Improponibile. Avrei probabilmente attirato differenti schiere di giovani, ma a che pro?
(Tutto ciò a valle del fatto che al tempo ero assolutamente incapace di farlo e tuttora, direi, devo studiare e praticare ancora molto per disegnare dei volti all’altezza del “buono”.)
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Insomma, partii da una certezza: il panorama vero e proprio, le sue basi, ovvero la terra e il cielo.
L’idea era chiara: un’altura vicina, alla base dell’illustrazione, che digradava verso uno sterminato deserto, che a sua volta correva verso un orizzonte lontano, montagnoso e sovrastato da nubi minacciose, che coprissero soltanto parte del cielo (per aumentarne la drammaticità e l’apparente volume).
Avrei pensato poi a popolarlo e creare i dettagli.
Così feci.
All’inizio fu un incubo, per via dell’altura. Non riuscivo a creare la prospettiva giusta – ancora non sapevo come fare – e soltanto osservando illustratori professionisti, senza studiare, c’ero quasi ma qualcosa era fuori posto (anche perché non ho mai trovato nulla di comparabile). Finalmente ce la feci, ma persi mooolto tempo.
Create le alture, disegnai i tre personaggi in primo piano, di spalle (per evitare i volti? Sì, ma non solo: c’era la questione della narrazione – storytelling. La copertina illustra una scena iniziale de “Il giorno dopo”, che però ha un senso circolare, in cui i tre osservano i protagonisti lontani giungere in quel territorio: volevo usare lo stesso punto di vista della scena).
Poi creai il cielo, il deserto, aggiunsi dettagli, come i simboli e le trombe d’aria e le colonne.
L’ultima cosa che feci fu aggiungere tutti gli esseri viventi che viaggiano in quel lembo di terra il quale, nel romanzo, corrisponde al nome di Talimalìnni ed è una prima fascia desertica che porta al Deserto dei Mille Passi.
Di questa cover c’è una cosa che continua a non piacermi: il gigante. Non sono riuscito a rendere l’idea che avevo in mente per la pelle. Ma è veramente un piccolo dettaglio (che potrei correggere in futuro: ora saprei come fare, ritengo). Almeno non è malformato ed è già un grande successo, credetemi!
Lavorai a questa illustrazione molto più a lungo che all’altra. Per quanto in miniatura, quelle creature mi sono costate ciascuna un po’ di studio. Per contro, scoprii quanto fossi capace di ottenere il risultato ottenuto coi “materiali” dell’ambientazione: qualsiasi effetto mi venisse in mente, lo ottenevo creativamente. Il digital painting è materia meravigliosa.
Mi fermai quando ritenni che la cover fosse all’altezza.
Anche di questa sono molto soddisfatto. So che in media si preferisce l’altra. Per me, però, non c’è distinzione: “Il giorno dopo” è entrambe le copertine ed è, a modo suo, un gioiellino di “packaging”.
Se gli illustratori professionisti sono un’altra cosa e non lo sarò mai, di grafica e impaginazione non ho nulla da invidiare a chi lo fa di professione. Del resto sono un ex grafico per qualcosa, anche se al tempo non lavoravo affatto a libri, né tanto meno a romanzi.
Qui sotto il link alla versione ad alta risoluzione, 50% di grandezza.
COVER – “Il giorno dopo – Parte I e II” (completa)
COVER – “Il giorno dopo – Parte I e II” (zoom possibile)
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La prossima volta approfondirò alcuni concetti che ho accennato qui, perché mi sono reso conto che a forza di disegnare cover per una saga una sorta di struttura immaginifica precisa s’è creata nella mia mente, circa cosa amo e cosa no.
Inizio, insomma, ad avere un’idea precisa di cosa voglio, sempre.