Scrivere

Faccio da sempre una grandissima fatica a concentrarmi. Qualsiasi piccola cosa può… distrarmi? No. Non è un’interpretazione corretta nel mio caso o lo è soltanto in parte. L’effetto è quello, ma la verità è che qualsiasi piccola cosa può attrarmi. Da sempre sono attratto dai dettagli: mi fisso su cose che altri nemmeno notano o non vedono affatto. Nel contempo difetto di concentrazione. È come una moneta: ha due facce, una virtù e un difetto.

Nel periodo più prolifico della mia vita, agli inizi degli anni 2000, avevo trovato il mio equilibrio perfetto, proprio nel tentativo di risolvere la cronica incapacità di concentrazione. Potrei descriverlo così: m’immergevo in un’enorme bolla d’oscurità e mi isolavo acusticamente con una registrazione immersiva di un temporale. Schermo a sfondo nero con caratteri grigi (in quelle condizioni sembrano bianchi). Tastiera con la retroilluminazione spenta: non ne abbisogno.

Così riuscivo a scrivere, ovvero a vivere la storia. Un continuo profluvio di mille e mille dettagli mi pioveva addosso e trattenevo quelli che per me erano i più significativi, mentre gli altri fluivano a valle.

La cosa più intrigante di questo processo è che a distanza di trent’anni ricordo quelle esperienze come se fossero reali. I ricordi della mia vita e quelli di ciò che ho vissuto scrivendo non si sovrappongono: non sono schizofrenico. Eppure vivo i due distinti tipi di ricordo allo stesso modo.

Ho ricordi vividi di quanto scrissi che non necessitano di alcuna rilettura. Ricordo come mi sentivo e cosa vedevo, come se fossi lì con i personaggi; ricordo i luoghi, i colori, gli odori, i rumori; i dettagli. Così come ho ricordi che emergono soltanto quando rileggo, come accade quando qualcuno ti ricorda di qualcosa a cui non pensavi da tempo. E allora il ricordo m’investe con la stessa forza di un ricordo reale. Smetto di percepirmi e da una delle molte profondità del mio essere emerge l’esperienza. Ciò che sentivo, vedevo… facevo. Luoghi, colori, odori, rumori, dettagli.

Le mie storie, i miei mondi, i miei personaggi sono parte di me.

Uno scrittore vive più vite, vede più mondi, conosce più persone della media.

Considero questa cosa una vera magia. Una meraviglia. Un potere della mente inaspettato che ho compreso soltanto con gli anni. Deve passare un po’ di tempo prima che uno scrittore comprenda certe cose, immagino, anche perché se non c’è grande distanza tra lo scritto e il momento in cui si ricorda non si nota nulla di straordinario.

Immagino che gli artisti tutti vivano questo genere di cose, così come chiunque altro sviluppi negli anni la propria creatività. E ne sono contento, perché è bellissimo. La questione è che per me non ha alcuna importanza: quello che conta è Andrea in quest’aspetto della vita, mi preme comprendermi, conoscermi (anche se ascolto con curiosità chi me ne parla, perché mi comparo, tento di comprendere qualcosa di più attraverso l’esperienza dell’altro). Sono cose personali, di cui tutt’al più si può raccontare come sto facendo ora con voi.

Le esperienze di lettura hanno meno forza. Scrivere è più intenso, più profondo, più duraturo. Ciò che si scrive è più parte di noi di ciò che si legge, sin dal momento in cui viviamo l’esperienza. Come nella vita reale.

L’immaginazione ha lo stesso spessore della realtà per chi immagina.

Leggere è fantastico, ma scrivere è un’altra cosa. Un po’ come ascoltare musica o suonarla. Non mi piace fare una classifica di cose più o meno importanti, anche se comparabili, e odio le gerarchie, perché mi ricordano gli eserciti. È certo che quando si agisce, anziché subisce, si vive qualcosa di speciale. E forse dipende pure dal fatto che uno scrittore vede tutto e scriverà soltanto parte, mentre il lettore vede solo una parte e aggiunge del suo, ma al “tutto” di un altro. Non è la stessa cosa.

Il compito dello scrittore è di rendere quel tutto il più possibile del lettore, anche se è suo. Non è semplice e per questo la (molta) pratica aiuta, ma se mentre siete in revisione ve lo ricordate il vostro testo migliorerà. Come ebbi già modo di scrivere, si scrive narrativa perché qualcuno la legga. Chi dice il contrario o è un caso raro o mente a se stesso – un diario non è narrativa.

 

Scrivere è una specie di magia, così come lo è suonare e chi ha suonato sul serio lo sa, ha sentito l’onda… Quella specie di energia che a un certo punto si forma, nei momenti più alti di una band, e avvolge tutti e cresce e s’abbassa e tutti la seguono in armonia, fluiscono (a me è capitato più spesso in sala prove che dal vivo, forse perché i musicisti sono più se stessi se non c’è una folla esaltata che balla, canta, grida o semplicemente osserva). Allo stesso modo a volte ho scritto brani che erano semplicemente perfetti sin dalla prima stesura. Non capita soltanto a me. Lo so perché ne ho parlato con altri scrittori e molti si rileggono e si domandano tra l’ammirato e l’incredulo: “Davvero l’ho scritta io questa cosa?”

Personalmente so che parto con l’idea di raccontare una certa storia seduto nel mio studio e che una volta finito mi sento come se tornassi a casa da un lungo viaggio con un grosso bagaglio di emozioni e ricordi.

Preferisco viaggiare per davvero, ma scrivere non è niente male! Specie quando mi porta lontano dal luogo in cui sono o addirittura in un altro mondo e mi fa vedere l’essenza delle cose grazie alla distanza. La scrittura risalta i valori, le cose sbagliate, il senso. Fa pulizia e chiarezza. Elimina le scorie e lucida i perché. E di solito scopre altra sporcizia nascosta, a cui si penserà un’altra volta. Le domande sono sempre più delle risposte, non c’è modo di ovviare a questa legge. Chi ha più risposte che domande di solito è un cretino.

 

E voi?

Qual è la vostra situazione ideale per scrivere?

E cosa c’è in voi che vi aiuta e arricchisce la vostra scrittura?

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Il presente è l’ultimo articolo di questa stagione.

C’è un dibattito circa cosa sia conveniente fare quando si gestisce una newsletter o un blog: fermarsi durante le vacanze o non fermarsi mai? Personalmente aderisco all’idea che il riposo è necessario in qualsiasi attività: serve a riposarsi, sì, ma anche a ricaricarsi.

Nell’ultimo anno ho lavorato a parecchie cose allo stesso tempo: ho riletto tutta la mia produzione secondo la rilettura integrale, mi sono preparato a una riscrittura e a una revisione integrale. Ho rifatto il mio sito web s3nzanom3.com da cima a fondo. Ho creato il breve corso di Scrittura Intensiva che tratta della revisione. Ho fatto un po’ di pubblicità (non tanto lavoro, ma c’era abbastanza da studiare prima di passare alla pratica) e la cosa mi ha dato la soddisfazione di poter scrivere a cento di voi questa newsletter, che era da tanto che pensavo di scrivere: non potevo sperare in un inizio migliore. Va bene così, dunque. Ho fatto abbastanza.

Durante le prossime settimane staccherò da tutto per un po’, poi comincerò a pianificare il futuro prossimo. Ho alcune idee che mi frullano in testa, ma devo analizzarle e capire cosa voglio e posso fare sul serio.

 

Ci risentiamo il primo sabato di settembre.

Vi auguro una felice estate, ricca d’esperienze, zeppa di tempo libero e rigenerante.

Scrivete e, soprattutto, leggete!

Accendere una candela è gettare un’ombra :: Andrea

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