Ciao ciao, social network!

Facebook & Co. non aiutano l'artista, sono un'enorme perdita di tempo prezioso. La pandemia ci ha tolto parte della gioia della socialità, ma quella virtuale è un sorrogato sterile che non può sostituirla. Addio, social netowork!

Photo by Drew Beamer on Unsplash

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8 Agosto 2021

Spesso siamo consapevoli di verità che ci riguardano, ma non facciamo nulla per aiutarci. Le osserviamo, parliamo al condizionale, quando quei pensieri dovrebbero usare l’indicativo presente.

❌ “Dovrei smetterla di perdere tempo su Facebook.”

vs.

✅ “Smetto di perdere tempo su Facebook.”

Nel mio caso, e in questo caso specifico, la mia verità è semplice: ricordo quando la mia creatività era libera di svilupparsi, indisturbata, selvaggia e di conseguenza irrefrenabile.

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Invecchio. Il tempo a disposizione è assai meno d’un tempo e l’aspettativa di vita s’è accorciata di qualche decennio. Invecchiando si matura e perciò si ricerca maggiormente la socialità, anche quando si è degli stambecchi come me.

Durante la depressione non ho mai smesso di scrivere, ma avevo smesso di raccontare. L’ho sempre saputo: per me vivere è scrivere. Sono cresciuto scrivendo e, se smetto, mi ammalo. Oggi la frase ha un senso preciso, persino tagliente. La devo maneggiare con cura o rischio di ferirmi.

Devo, insomma, pensare alla scrittura che conta.

Solo ed esclusivamente alla mia scrittura. E no, non si tratta soltanto di romanzi, anche se principalmente. Si tratta di esprimere la mia prospettiva, sempre e comunque, e non tutto può finire in un racconto.

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Quando avevo tanta energia e tempo, mi sono giocato le carte che avevo. È andata abbastanza bene. Ho pubblicato quattro romanzi con quella che allora era la casa editrice di mio riferimento, l’Editrice Nord di Gianfranco Viviani.

Quando, nel 2018, ho finalmente ritrovato la forza di rialzare la testa nella disperazione più assoluta, mi sono riaffacciato come un animale le cui ferite l’avevano quasi ucciso. Titubante, timido, sin troppo prudente.

Oggi, tre anni dopo, sto bello ritto, quasi come in passato. E quel “quasi” fa la differenza, in meglio.

In passato la mia postura era impettita, rigida, oggi sto bello ritto in una postura rilassata, col sorriso sulle labbra e lo sguardo fermo di chi sa di cosa parla e cosa vuole. Di chi sa chi è.

Perché sì, nel 2018 mi sono promesso una cosa: se mi riaffaccio, è per tornare, non per fare il pagliaccio.

So chi sono.

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Ho un romanzo che le case editrici italiane più importanti stanno valutando. È mio, personale, non segue alcuna moda, né dettami di mercato, anche se io sono e rivendico di essere un autore popolare e di scrivere per il popolo, nonostante la scintilla che mi spinge a farlo riguardi me stesso e le mie mille domande.

È la cosa migliore che abbia mai scritto. Camminerà con le proprie gambe, non importa su quale sentiero la metterò.

Ho in mano tutti i diritti di tutti i miei passati romanzi. “La Rocca dei Silenzi” tornerà, non appena il suo colossale seguito sarà pronto. Il suo colossale seguito, che attendeva a metà prima stesura da quindici anni, è già in revisione, infatti.

Ho, insomma, due romanzi pronti per essere pubblicati e un altro, che potenzialmente potrebbe essere diviso in due, vista la mole, e che sarà pronto alla fine di quest’anno.

A fine anno avrò in mano quattro romanzi.

Come dicevo, non sono qui per fare il pagliaccio. Sono tornato per scrivere e pubblicare. Se troverò una casa editrice che crede in me e in cui io stesso credo, perché la relazione dev’essere di stima reciproca e la visione comune, sarà con una casa editrice. Altrimenti andrò da solo.

Non ho più velleità. Ho, però, le capacità creative e tecniche per parlare ai lettori. E questo è quello che sono venuto a fare, riaffacciandomi: a raccontarvi le mie storie.

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Ho imparato tante cose, dal 2005 a oggi, da quando uscii nelle librerie d’Italia per l’ultima volta. Una di queste è che la mia prospettiva è salda e che ciò che conta è il mio modo di guardare all’orizzonte e il mio modo di raccontare il viaggio.

Nel 2021, il pubblico d’Internet è formato da persone interessate. Per esistere, per “farsi notare come goccia d’acqua nell’oceano che sgomita”, bisogna dar loro contenuti che possano usare per migliorarsi, per apprendere.

Non lo farò – se non a modo mio e perché mi va. Non ho alcuna intenzione di svendere il mio tempo creativo per dire ciò che so. Ciò che so non conta nulla e, comunque, non è qualcosa per cui meriti pagare. La “scrittura creativa” dovrebbe essere gratuita, perché non vi rende scrittori. È mera teoria.

Potessi vendervi il talento e la creatività,
ve li farei pagare cari.

Mi spiace, nessuno può farlo.

C’è chi vende teoria. È lecito, perché in questa epoca si usa qualsiasi carta pur di riuscire a vivere di scrittura. Quelli che vivono della propria arte, invece, cosa che la letteratura è, sono davvero pochi.

Ve lo dico chiaramente: se sogno, sogno in grande.

La mia meta non è “vivere di scrittura”, bensì “vivere della mia arte”. Le due cose sono quasi antagonistiche.

Se sogno, sogno in grande.

Feci così quando sognai l’Editrice Nord.

Faccio così oggi, quando raccolgo da terra il mio sogno di vivere della mia arte, ne ricompongo i pezzi e lo osservo con un sorriso scanzonato: “Ma sì, dai. Andrai bene anche così”.

Non mi contaminerò con tendenze e mode.

Sono uno scrittore.

Ovvero, vi saluto di cuore, vi ringrazio per i tanti sorrisi, le risate che avete suscitato in me e l’affetto che ci siamo scambiati a distanza, spesso senza conoscerci di persona. È una cosa bella, ma per me qui, su Facebook, è la fine.

Per davvero, stavolta. Mi devo forzare, ma ho capito che è importante farlo, per me. Chi mi conosce, lo sa: quando capisco una cosa, quando finalmente riesco a darle un senso che va al di là del mero gesto, non cambio idea.

Nel 2018 ho rialzato la testa.

Nel 2021 mi riapproprio del mio sogno. Ciao, arrivederci negli store.

Domanda finale: “Ma non credi che la tua presenza sui social network, il tuo seguito, sia importante affinché la tua arte si diffonda? E che le case editrici ti scelgano?”

Risposta finale: “No”.

2 commenti su “Ciao ciao, social network!”

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